sabato 15 agosto 2009

L'effetto di un'antropologia remota

Nel caldo sonnacchioso del pomerigio di ferragosto, sfoglio i giornali e mi imbatto nel saluto prima delle vacanze scritto da Michele Serra ne L'Amaca, su la Repubblica di oggi.
Mi è piaciuto così lo riporto qui.
"L'Amaca va in vacanza per pochi giorni. Sceglie di andarci con un'immagine di speranza e soprattutto di differenza, le facce felici degli operai della Innse, che viste nei telegiornali facevano l'effetto di un'antropologia remota - gli operai milanesi - uscita dalle teche Rai.
Che siano nostri coevi, italiani del 2009, è un'ovvietà cronistica, ma non è un'ovvietà mediatica e, direi, ideologica.
Quelle facce sono sparite dal cosiddetto villaggio globale, sfrattate insieme a quel mondo del lavoro salariato, e delle fabbriche, che è stato tanta parte della nostra fortuna economica, dei nostri diritti e della nostra democrazia.
L'ultima volta che ci siamo imbattuti in quella tribù orgogliosa e sconfitta è stato per la tragedia della Thyssenkrupp, un'immersione desolata nella morte. Questa volta abbiamo visto operai abbracciarsi e piangere per una vittoria sindacale strappata ai tempi, strappata al nuovo ordine.
Non so che effetto possano avere fatto quelle immagini ai più giovani.
A quelli della mia età, un magnifico effetto: ci hanno fatto dimenticare per qualche giorno la faccia di Fabrizio Corona. Buon Ferragosto a tutti, e specialmente a quei quatro che sono cesi dalla gru come scalatori che hanno conquistato una vetta."
A Roma intanto altri lavoratori si sono arrampicati sul Colosseo nella speranza di farsi ascoltare e di vedere riconosciute le proprie istanze lavorative.
Qualcuno li ha paragonati a certe figure di monaci stiliti che nelle comunità cristiane orientali del V secolo si ergevano su di un'alta colonna in penitenza ed espiazione, soltanto che questi ultimi vi rimanevano a vita e con ben altre motivazioni.

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